Supertuscan del Chanti
I vini che hanno rivoluzionato la Toscana
Oltre ad essere il luogo di produzione degli ottimi vini contraddistinti dal "Gallo Nero", il Chianti è anche la patria di alcune etichette che hanno fatto la storia del vino italiano, i cosiddetti "Supertuscan".
Negli anni settanta, dal momento che il disciplinare del Consorzio imponeva l’utilizzo di uve bianche ed escludeva sia la vinificazione del Sangiovese in purezza, che l’impiego di vitigni internazionali per la produzione del Chianti Classico, alcuni produttori decisero di imbottigliare i loro migliori vini senza denominazione, come semplici vini da tavola nonostante si trattasse di etichette di grande valore, che di lì a poco avrebbero rivoluzionato il mondo vitivinicolo toscano. I primi fra questi, successivamente soprannominati “Supertuscan” dalla critica internazionale per sottolineare il loro carattere eccezionale, furono il Vigorello di San Felice (1968), all’epoca un Sangiovese in purezza, e il Tignanello di Marchesi Antinori (1970).
Negli anni settanta, dal momento che il disciplinare del Consorzio imponeva l’utilizzo di uve bianche ed escludeva sia la vinificazione del Sangiovese in purezza, che l’impiego di vitigni internazionali per la produzione del Chianti Classico, alcuni produttori decisero di imbottigliare i loro migliori vini senza denominazione, come semplici vini da tavola nonostante si trattasse di etichette di grande valore, che di lì a poco avrebbero rivoluzionato il mondo vitivinicolo toscano. I primi fra questi, successivamente soprannominati “Supertuscan” dalla critica internazionale per sottolineare il loro carattere eccezionale, furono il Vigorello di San Felice (1968), all’epoca un Sangiovese in purezza, e il Tignanello di Marchesi Antinori (1970).